19/06/07

La civiltà della forchetta


Un viaggio affascinante tra usi alimentari, strumenti e pratiche di cucina, tra prescrizioni religiose e modi dello stare a tavola. Un'avventura che si snoda dal Medioevo al '700, tra dati concreti e aneddoti curiosi, che racconta come i grandi eventi della storia hanno influenzato le abitudini alimentari, lo sviluppo delle tecniche di cottura e, in qualche modo, i gusti: "I mercanti infatti non scambiavano solo merci e denaro, ma anche, idee e soprattutto mode, usi e costumi, compresi i modi di cucinare; essi abitavano per anni lontano dal loro paese, portavano con sé servi e cuochi, ma quando tornavano a casa anche i servi ed i cuochi avevano appreso molte cose e qualcuno di essi si fermava nella città ospite ad esercitare la sua arte".

Ecco qualche passaggio tratto dal capitolo dedicato al pesce:

"La cultura mediterranea ha fatto del mare il luogo del pericolo, del viaggio rischioso (è il caso di ricordare Ulisse?), della via di comunicazione veloce e poco costosa, ma perigliosa. I documenti assicurativi ed i noli marittimi medievali nonché le locuzioni dialettali del più recente passato ci ricordano che quando il marinaio attracca ad un molo è giunto «a salvamento».
Ulisse varca le colonne d'Ercole e perisce, il mare non ama i curiosi (si dice). Solo nei paesi dell'Atlantico e del Mare del Nord il mare è considerato come una risorsa. Mai nel Mediterraneo e tanto meno nelle isole. Nel mondo medievale il potere e la ricchezza sono legati alla proprietà terriera e alle greggi (pecunia).
Homo sine pecunia imago mortis. Il pescatore è fuori dal territorio, rischia la vita per procurarsi il cibo, non possiede greggi e la sua preda non è sicura come il prodotto dell'agricoltura o quello dell'allevamento. Se il mare è tempestoso non si esce e, quindi, non si produce. La tempesta può durare giorni ed il mare può essere inagibile per settimane; questo vuol dire assenza di prede, può voler dire fame. Nessuno voleva fare il pescatore. [...]
I nobili, i guerrieri, i forti, mangiano quantità industriali di carne, i signori feudali sono carnivori, i ricchi possiedono terre e greggi o mandrie, il macellaio è un artigiano che diventa ricco. La carne è proibita nei giorni di digiuno, il pesce no. Quindi il pesce non nutre come la carne. Lo so che non è vero (almeno in parte), ma se si permette di mangiare pesce in quaresima, al venerdì e nei giorni di vigilia, vuol dire che «è come digiuno». Si tenga anche conto del fatto che i pesci «popolari», quelli catturati in grandi quantità (sgombri, acciughe, sardine, ecc.), non sono graditi ai ricchi, che preferiscono i grandi «pesci di scaglia», i pesci bianchi (sparidi, branzini, ecc.); questi pesci sono casuali, frutto di cattura, anche se relativamente frequente, secondo la stagione; non sono programmabili, ma ricercati, e quindi costosi.".


Giovanni Rebora
La civiltà della forchetta - Storie di cibi e di cucina
Laterza, Roma-Bari, 2002

Giovanni Rebora è docente di Storia economica dell'Università di Genova. Oltre a diversi articoli di storia economica medievale e moderna, ha pubblicato La cucina medievale italiana tra Oriente e Occidente (Genova 1992) e Colombo a tavola (Savona 1992). Ha organizzato nel 1983 il primo Convegno internazionale di cultura e storia dell'alimentazione. Dirige da qualche anno un insieme di ricerche sulla storia dell'alimentazione in Italia dal punto di vista sia della produzione e della distribuzione degli alimenti.

6 commenti:

Massimiliano Fattorini ha detto...

Anche te hai letto questo libro? l'ho ricevuto in regalo per il mio compleanno e mi accompagnato durante la mia trasferta negli states, l'ho trovato molto, molto interessante e ben fatto.

k ha detto...

Sì, anche a me è piaciuto. Unica nota negativa? le "note". Io esigo, sopratutto da un accademico, le "note a piè di pagina", per trovare immediatamente la fonte di quello che c'è scritto sopra. Per il resto il libro è sicuramente interessante, ed è pure una lettura piacevole. ciao :)

Elisa ha detto...

Aaaaahhhh, ma che belli 'sti libri!!!
Grazie per la segnalazione! Trovato qualcosa di interessante sull'altro argomento?
Baci!

Giovanna ha detto...

grazie K , è un post interessantissimo, comprerò il libro. Intanto voglio dire qualcosa sull'idea del mare nel mediterraneo. Niente di più vero si può dire di quello che dice l'autore: io sono un'isolana del centro del mediterraneo e il nostro rapporto con il mare è di amore e odio. Spesso si dice: mari tradituri perché è fonte di guadagno per la maggior parte della popolazione (pescatori) ma anche di pericolo e a volte di morte. Grazie ancora

Anonimo ha detto...

grazie della segnalazione, è un libro che neanche io conoscevo.

CoCò ha detto...

MA QUANTO MI ATTRAGGONO STI LIBRI grazie per la segnalazione